Le ORESTIADI nei cinquant’anni dal terremoto del Belìce
In questi luoghi così particolari, in una ricorrenza così unica, nascerà il nostro Festival 2018, un’edizione straordinaria, che conferma le Orestiadi, non solo come contenitore di spettacoli di qualità, ma come soggetto creativo, Festival che diviene artisticamente produttivo, nel suo immaginare percorsi, costruire produzioni, stimolare idee.
Motore culturale che crea collaborazioni, aggrega artisti, produce progetti inediti e originali.
Un percorso vivace ed in divenire che possa accendere curiosità, mettendo in moto quotidianamente la creatività tanto del pubblico, quanto degli artisti.
A Gibellina proveremo a raccontare la contemporaneità, come linguaggio vivo, attraverso performance originali che costituiranno l’anima del Festival, legando gli spettacoli ospitati dentro una dinamicità che sarà il motore della nostra rassegna.
I cinquant’anni che ci separano dal 1968 saranno una guida, un filo rosso, per il nostro Festival, ricorderemo così il drammatico terremoto del 1968 che rase al suolo la città, ma ricorderemo anche il travaglio politico e sociale di quegli anni, quello che per l’Europa fu un terremoto culturale.
Un percorso produttivo fatto di collaborazioni con le istituzioni culturali e teatrali siciliane rafforzando l’identità di uno spazio creativo unico, all’interno del quale immaginare percorsi artistici originali nel segno della contemporaneità, della mediterraneità e della commistione culturale.
Da questo percorso parte il mio nuovo progetto di produzione artistica triennale per Gibellina, che immagina la contemporaneità come linguaggio popolare a cui possa accedere con curiosità un pubblico eterogeneo, con uno sguardo sempre attento alle nuove generazioni.
Questo obiettivo sono sicuro che si coniughi con la forte identità culturale che Ludovico Corrao ha costruito intorno alle Orestiadi di Gibellina ed intorno al Museo delle trame Mediterranee.
Alfio Scuderi
direttore artistico
1968 / 2018
Nel 1968 la terra tremò e nella Valle del Belìce nulla fu più come prima. La terra aveva rifiutato le leggi della statica, cancellando la vita e la storia.
Il ’68 fu l’anno in cui il mondo disse forte il suo rifiuto ai poteri che lo bloccavano, alla divisione antica tra padroni e servi, alla discriminazione delle razze, alla guerra.
Nelle università dei baroni paludati gli studenti chiedevano “tutto e subito”, gridavano una voglia di appagamento, di piacere e di libertà, desideravano costruire una scuola nuova per un mondo nuovo.
Il moto della terra nel Belìce diede inizio a quell’anno, svelando la desolazione di una realtà arcaica e alimentando la voglia di costruirne una nuova.
La terra a quel tempo era avara e il “miracolo economico” si era fermato da qualche parte nella penisola lunga.
La mafia mostrava la sua violenza e la sua forza e i treni erano pieni di contadini e operai che andavano lontano, portando nostalgia e amarezza.
Tuttavia era forte la voglia di lasciare agli archivi della storia costumi, stili di vita, relazioni sociali e la rassegnazione che avevano alimentato miseria e soprusi.
La gente di Gibellina volle seguire “l’utopia della libertà, il sogno tessuto tra gli incubi di una realtà di sofferenze, il mito e la ricerca del genius loci, e animò l’avventura e la creatività degli artisti, degli artisti-lavoratori che si incontrarono nella comune solidale fatica di rifondazione della città con l’arte e la cultura, necessariamente trama e risultato” (L.Corrao).
A 37 anni dalla sua nascita, il Festival delle Orestiadi propone un programma di grande interesse, con una nuova direzione artistica che rinnova preservando la qualità di una proposta che ormai da tanto tempo rende il festival uno degli eventi culturali di maggiore rilievo in Sicilia.
Calogero Pumilia
presidente Fondazione Orestiadi