Cosa ci sta accadendo lo sapremo dopo. Le nostre vite isolate dagli altri e la rete, i social che ci tengono uniti.
I musei chiusi con la possibilità di vederli grazie a fantastici e sofisticati tour virtuali.
Le opere d’arte nei musei, se pur osservate da migliaia di persone, mantengono per ognuno di noi la loro unicità. Un particolare di un dipinto, la possibilità di vederne la trama, la tela, la pennellata, le imperfezioni , la materia, lo spessore, gli accumuli di colore rendono l’opera unica per noi.
Diremo di aver visto il Cristo del Mantegna se siamo stati a Brera, non se ne conosciamo la sua riproduzione in rete. I musei vivono di questo e sono per noi vitali proprio per questo, rendono unica la nostra visione delle cose, la nostra visione del mondo.
Noi instauriamo un rapporto diretto, personale intimo, con l’opera d’arte, con un manufatto con un oggetto d’arte materiale o d’arte applicata. Instauriamo un nostro personale rapporto con la storia, sappiamo che quell’opera è stata realizzata da un nostro simile ovunque esso sia in ogni luogo sperduto della terra.
Un museo è questo.
Siamo noi con la storia dei nostri padri. Siamo noi che a dispetto di qualsiasi catastrofe o disastro ci rassereniamo nel vedere come in ogni momento, anche tragico, siamo capaci di godere della bellezza di un dipinto e di nutrirci di esso.
I musei sono i depositari di questa unica necessaria e vitale possibilità.
Quando tutto questo sarà passato avremo necessità di vedere si le cose, ma anche di toccarle, sentirne il peso, la tessitura. Di ritrovare il filo con il nostro passato. Ed i musei riapriranno proprio consentirci tutto questo per godere della bellezza di quanto l’uomo sa esprimere, in ogni momento della sua esistenza, sia anche difficile come l’attuale.
Abbiamo chiesto ad alcuni artisti e intellettuali di condividere una riflessione sui momenti che stiamo vivendo.
Enzo Fiammetta
Filippo La Vaccara
Senza titolo, 2002
Acrilico su tela
Collezione Fondazione Orestiadi