Data: 26/06/2022 - 04/09/2022
Ora: 18:00
Foto di Houda Kassatly
A cura del
Museo delle Trame Mediterranee
25 giugno – 4 settembre 2022
Palazzo Sant’Elia, Palermo
Baglio Di Stefano, Gibellina
Quel che oggi abbiamo perduto
Nel ricordo di un mondo vissuto
Testimoni di un corpo svenduto,
figlio in braccio al mito perduto
Trov’ora la traccia di un’ombra
Rimasta nella camera sgombra
Le macerie non lasciano spazio
al ricordo, al dolore, allo strazio.
Ai profughi della memoria mediterranea, 25-26 giugno 2022
Il rigore maestoso delle foto di Houda Kassatly ci riporta in Medio Oriente, nei luoghi orfani di guerra. Immagini belle, nitide, mostrano case dove non resta traccia di vita, solo quel che lasciano supporre gli spazi familiari violati dalle brutali esplosioni.
Di Aleppo rimane il riflesso dell’antico splendore architettonico dei sultani mamelucchi (XIII-XVI sec.). Ombre proiettate sulle pareti o sulle macerie sparse per terra. Un cielo terso osserva brandelli di finestre che si affacciano su prospettive chiuse da mura, o su cortili senza uscita.
Nelle zone di guerra non c’è futuro in vista. Sono andati via quasi tutti, forse per sempre. Chi osserva si chiede dove siano finite quelle famiglie, forse a Lesbo o forse disperse nei campi profughi a Oriente o nelle periferie del nostro algido occidente.
Poi si arriva alla periferia di Beirut e quel che più colpisce è l’abbandono, le case sono state svuotate per ricostruire altrove. Gli echi delle voci lontane si trovano solo nei versi drammatici dei poeti in esilio. I corpi sono spariti, e con pudore l’artista ci mostra le stanze deserte, e del ricordo delle vite vissute in quei luoghi riconosciamo le tracce nell’ordinata pulizia delle macerie. Non vi sono altri segni di vita, solo eleganti rifiniture di un antico benessere.
Noi spettatori attoniti contempliamo le immagini di un dramma che ci interroga, e alla nostra umanità chiede le ragioni di tanta indifferenza.
Questa mostra di foto di Houda Kassatly è una testimonianza forte e un invito a tornare a credere che ognuno di noi possa fare qualcosa; anche una piccola attenzione può dare speranza e la forza per vivere da esseri umani cercando di stabilire ponti di dialogo e una cultura di pace.
Da queste immagini di un mondo sofferente nasce il desiderio di ricostruire la speranza, e questa è come Beirut, una fenice che rinasce dopo le guerre grazie alla volontà delle persone.
Il desiderio di ricominciare può nascere dall’incontro. La bellezza delle immagini suscita la voglia di creare nuovi orizzonti e accettare la sfida di intraprendere una nuova vita.
All’artista, alla gallerista Alice Mogabga, e quanti hanno voluto fortemente questa mostra va tutta la nostra commossa gratitudine.
Francesca Corrao