Data: 30/07/2022
Ora: 19:30 - 20:30
Venerdì 22 luglio alle ore 19,30
Zen al quadrato
presentazione del libro di Davide Camarrone
a cura di Beatrice Agnello
Sellerio editore
Una migrazione interna alla stessa città, Palermo, dal Castello San Pietro allo Zen 2. Dal borgo a ridosso della fortezza a guardia del vecchio porto – le chiese e i resti delle antiche costruzioni devastati dai bombardamenti dell’ultima guerra e dall’incuria che ne seguì – al nuovo quartiere sorto al limite del «sacco di Palermo»: ZEN 2, Zona Espansione Nord 2. A trasferirsi, lasciandosi indietro malsane scomodità e ricordi di una vita, è un’intera famiglia: il padre, la madre, il figlio e la nonna. Filippo, il ragazzo di casa, studente al liceo artistico, ribattezza quel quartiere lunare «Zen al quadrato». Un dormitorio con le strade mai finite e i garage sequestrati dai boss, nato da un progetto utopico e degradato dalla blasfemia della speculazione, dell’abbandono, della criminalità. Con un trasloco di qualche chilometro, muta radicalmente il paesaggio urbano, ed è come se si trascorresse da un’era ad un’altra, da una civiltà ad un’altra. La famiglia racconta lo strappo, il viaggio, quel che succede in loro e intorno a loro: le nuove relazioni, le antiche sofferenze, nello sforzo di convivere con il «nuovo». Ognuno narra la propria versione di questa storia, in prima persona e con la propria lingua. Ciascuno rivelerà un mondo differente dagli altri, diverse le luci e i suoni, diverse le storie rievocate – talune picaresche, altre sempre taciute –, diversi infine i fantasmi e le visioni. Rosalia, la nonna, incarna la nostalgia del tempo trascorso e di quel che avrebbe potuto essere e non è stato. Nicola, il padre, nel barcamenarsi tra il sacro della chiesa e i meandri della corruzione, è forse la faccia più controversa della città irredimibile. Lucia, tra i libri e l’impegno sociale, è una madre addolorata alla ricerca di una vita civile, di una rinascita intravista negli sguardi sconsolati delle donne del quartiere. Filippo, il figlio quindicenne, è un pittore, un poeta dello sguardo e del colore, che sperimenta ogni linguaggio per conoscere e descrivere l’amore irrefrenabile per la vita e il tempo che gli è concesso. Tutti insieme costituiscono i frammenti di una sola epica quotidiana: quella che è stata per tanti – nella prima illusione, nel silenzio paziente, nell’acquiescenza, nella disperazione e nei germi di rivolta –, una deportazione nelle riserve della frontiera.
sabato 30 luglio alle ore 19,30
Trema la notte
presentazione del libro di Nadia Terranova
a cura di Beatrice Monroy
Einaudi
28 dicembre 1908: il piú devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo Messina e Reggio Calabria. Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un’inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un’esistenza magari sghemba, ma piú somigliante all’idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l’apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente.
«Il romanzo diventa una camera a spalla sull’apocalisse. Un piano sequenza sul terremoto che rade al suolo due città, decine di migliaia di vite ma non quelle di Nicola e Barbara.» – Concita De Gregorio, la Repubblica
«Nadia Terranova consegna un libro potente, profondo come lo sono le viscere in cui ci accompagna, a un tempo documentato su ciò che è avvenuto in quei giorni di apocalisse terrestre e generativo di alleanze.» – Alessandra Pigliaru, Il Manifesto
«L’ultimo romanzo di Terranova incide una ferita e descrive una realtà cruda e senza scrupoli, ma non dilania, né angoscia il lettore, perché in fin dei conti, arriva sempre il tempo per rinascere e ricostruire.» – Carla De Rosa per Maremosso
Ho trascorso su questa riva tutte le notti della mia vita, e del mio finto orizzonte conosco ogni inganno: gli occhi di chi nasce davanti al mare si perdono all’infinito, ma il mio mare è diverso, ti spinge indietro come uno specchio. Io sono nata con il muro di un’altra costa a bloccarmi lo sguardo: per questo, forse, non me ne sono mai andata, anche quando l’acqua mi ha offesa e ingannata, ha violato la mia giovinezza e distrutto chi ero.
«C’è qualcosa di piú forte del dolore, ed è l’abitudine». Lo sa bene l’undicenne Nicola, che passa ogni notte in cantina legato a un catafalco, e sogna di scappare da una madre vessatoria, la moglie del piú grande produttore di bergamotto della Calabria. Dall’altra parte del mare, Barbara, arrivata in treno a Messina per assistere all’Aida, progetta, con tutta la ribellione dei suoi vent’anni, una fuga dal padre, che vuole farle sposare un uomo di cui non è innamorata. I loro desideri di libertà saranno esauditi, ma a un prezzo altissimo. La terra trema, e il mondo di Barbara e quello di Nicola si sbriciolano, letteralmente. Adesso che hanno perso tutto, entrambi rimpiangono la loro vecchia prigione. Adesso che sono soli, non possono che aggirarsi indifesi tra le rovine, in mezzo agli altri superstiti, finché il destino non li fa incontrare: per pochi istanti, ma cosí violenti che resteranno indelebili. In un modo primordiale, precosciente, i due saranno uniti per sempre.