Una delle sue ultime mostre è stata The Dark Side. Chi ha paura del buio? Stiamo circumnavigando la luna e siamo nel suo lato oscuro, siamo in piena oscurità. Ritorneremo presto, spero, a riaprire i nostri musei. Su quali nuove basi possiamo o dobbiamo farlo? Cosa pensa debba cambiare?
Tutti siamo oggi consapevoli che nulla sarà come prima e chi opera nel mondo dell’arte e della cultura sarà chiamato a ripensare il proprio ruolo. I musei e le mostre non potranno più rincorrere il pubblico in una logica di esclusiva crescita numerica, vi è una nuova e più grave responsabilità che impone un passo differente. Bisogna ricostruire una comunità, un processo identitario di riconoscimento culturale. Sfortunatamente, non si potrà appellarsi come negli anni Cinquanta e Sessanta al solo mondo dell’arte ma bisognerà ricostruire un intero tessuto sociale. Si potrà però cogliere l’occasione per riconsiderare l’effimera logica di mercato e avviare un percorso più complesso di partecipazione e condivisione. Si spera che sia un nuovo orizzonte più aperto, più curioso dei nuovi stimoli, dei nuovi azzardi, dei nuovi percorsi.
La violenta accelerazione esponenziale delle relazioni virtuali di questi giorni, come influirà nel delicato rapporto tra oggetto d’arte e fruitore?
Sono ormai alcuni anni che gli strumenti tecnologici sono entrati prepotentemente nei codici museali, spesso con importanti risultati. Questa accelerazione può essere una grande opportunità se tutti gli operatori sapranno cogliere le nuove risorse senza abbandonarsi ad una deriva superficialmente ottimistica.
Danilo Eccher
Critico d’arte, curatore, docente universitario, già direttore della GAM di Trento, del MACRO di Roma, della GAM di Torino, ha recentemente curato la mostra “Arte Povera. Paesaggio Italiano” presso il MET di Manila.
Alighiero Boetti, Prisente, 1985
collezione Fondazione Orestiadi